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Leopardi - Pietro Citati


Ciao a tutti!
Questa sera\notte voglio parlarvi di un libro scoperto per caso, che però mi ha insegnato molto riguardo una persona a me molto cara, sia per il suo pensiero, sia per il fatto che è nato-vissuto-morto a due passi da casa mia, sia per la sua genialità.

Premetto subito che io non guardo molta televisione, ad esclusione del canale Real Time che amo alla follia, però ogni tanto, quando sono in compagnia dei miei genitori il sabato o la domenica sera, mi piace guardare il programma di Fabio Fazio (Che tempo che fa) sia per la presenza di Massimo Gramellini, che stimo molto, sia per la presenza di Luciana Littizzetto che stimo altrettanto e soprattutto perchè Fazio invita molti personaggi famosi, tra i quali diversi scrittori (italiani e non) che è sempre un piacere ascoltare.
Era un Sabato o una Domenica sera e da Fazio era presente Pietro Citati che presentava il suo nuovo libro intitolato Leopardi e dedicato al celeberrimo scrittore-filosofo.
Me ne sono prima incuriosita e poi innamorata.
Dopo quasi due anni (credo), mia madre mi ha regalato il libro per Natale:

Edito da Bestseller Mondadori, il prezzo di copertina non lo conosco perchè è coperto ma se cercate su google lo trovate di sicuro, pagine 413, codice ISBN 9788804611868.

Di cosa parla questo libro?
Giacomo Leopardi è il protagonista in tutto e per tutto. C'è tutto di lui, probabilmente c'è anche più di quanto lo stesso Leopardi conosceva di se stesso, ad esempio riguardo la sua malattia:
pagina 32 e 33: Cosa era dunque accaduto a Leopardi nel cuore della sua giovinezza, negli anni dal 1814 al 1817, trascorsi nella biblioteca? In una lettera a Prospero Viani, il fratello Carlo raccontò che nell'adolescenza, quando si svegliava a notte tardissima, vedeva Giacomo in ginocchio davanti al tavolino per poter scrivere fino all'ultimo momento, mentre il piccolo lume si spegneva. Con Giordani, Giacomo insisteva: "In somma io mi sono rovinato con sette anni di studio matto e disperatissimoin quel tempo che mi s'andava formando e mi si doveva assodare la complessione. E mi sono rovinato infelicemente e senza rimedio per tutta la vita, e rendutomi l'aspetto miserabile, e dispregevolissima quella gran parte dell'uomo, che è la sola a cui guardino di più". Non sarebbe morto, come credeva anni prima. Se aveva infinite cure per se stesso, avrebbe potuto vivere, ma "strascinando la vita coi denti, e... sempre in pericolo che ogni piccolo accidente e ogni minimo sproposito mi pregiudichi o mi uccida". Leopardi ragazzo che legge in ginocchio davanti alla lanterna o alla candela che si sta spegnendo è una delle grandi visioni fantastiche che il tempo gli costruì attorno. Ma Carlo e Giacomo e i medici del diciannovesimo secolo avevano torto: Leopardi non diventò gobbo a causa del rachitismo. La sua malattia era infinitamente più grave e complicata: la tubercolosi ossea (o morbo di Pott), come per primo suppose Giovanni Pascoli: una malattia metamorfica, mimica, che assume tutti gli aspetti e forma un sistema saldissimo; il primo dei sistemi che distrussero la vita di Leopardi, colpendolo nelle "apparenze", che tanto amava. In una data che non possiamo precisare, il suo corpo cominciò a non crescere più: la sua statura si fermò a 1 metro e 41 centimetri: la parte alta rimase esilissima; i femori e le gambe si svilupparono, mentre due grosse gibbosità si formarono sia nella parte anteriore che in quella posteriore del corpo. Attorno a queste gobbe si sviluppò il mostruoso sistema della tubercolosi. I nomi delle malattie si accumulano come in un'enciclopedia degli orrori: impotenza (mentre i desideri erotici accrescevano la loro forza), oftalmia, lacrimazione, stitichezza, disturbi dell'apparato digerente e del basso ventre, insufficienza respiratoria, reumi di testa, di gola e di petto, emorragia al naso, asma, idropisia, bronchite, dolori addominali, gonfiore delle ginocchia e delle caviglie, versamento pleurico, inattività ghiandolare, acutissima sensazione di freddo in inverno, per via della debolezza cardiocircolatoria. [...] Nessun medico tentò un'analisi o una cura qualsiasi.
Ma non solo, Pietro Citati, attraverso la sua amabilissima scrittura, ci racconta l'esegesi dei più famosi idilli, delle poesie e dello Zibaldone...è un libro magico se come me amate Leopardi e qualsiasi domanda possa venirvi in mente riguardo questo favoloso autore state pur certi che tra le pagine del libro di Citati troverà risposta.

Non pensate che sia noioso e petulante. La scrittura è ironica, coinvolgente e accattivante. E' un libro adatto per gli appassionati, per gli insegnanti, per gli studenti, per coloro che hanno sete di gossip, per i più curiosi e per chi non si stanca mai di imparare.
Durante la lettura spesso mi sono commossa, spesso mi sono stupita e a volte mi sono venuti i brividi pensando alla sua vita e immedesimandomi  in lui, nell'uomo forte e debolissimo che è stato, pieno di difetti ma saturo di pregi e assolutamente geniale...ammetto, poi, che qualche volta Citati mi ha fatto anche sorridere.

Ragazzi, è fantastico, non so più come dirvelo.
Fazio mi ha fatto scoprire questo autore fantastico e credo proprio che Natale dopo Natale, cercherò dilare tutti i suoi libri, nella speranza che siano un'altro.




I miei capitoli preferiti sono stati:
II la mente di Leopardi
VI La luna e il sole
VII l'amore
XI l'infinito
XIX l'albero dei ricordi

Avete mai letto questo libro??

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