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Il Gattopardo - Tomasi di Lampedusa

 Cari lettori,
ecco l'ultimo post di questa giornata, ma per fortuna chiudiamo in bellezza:

La mia è un'edizione Feltrinelli, prezzo credo 7.50 euro, pagine 268, codice ISBN 9788807810282.

Chi studia Lettere dovrebbe leggere questo libro almeno una volta nella vita, questo perchè i professori di quasi tutte le materie che si studiano in questa facoltà danno assolutamente per scontato che voi studenti abbiate letto e apprezzato questo libro. Io studio Lettere e fino alla settimana scorsa non avevo nemmeno preso in considerazione la lettura di questo romanzo ma dopo averne sentito parlare durante le lezioni di:
Storia dell'arte contemporanea,
Critica letteraria italiana,
Storia della Letteratura italiana,
Letteratura italiana moderna e contemporanea e
Storia contemporanea ho pregato mia madre di acquistarmi questo libro perchè la curiosità di conoscere la sua storia mi corrodeva l'anima. Iniziato Domenica 18 Marzo 2012, terminato Sabato 25 Marzo 2012.
Meraviglioso.

Pensavo che sarebbe stato un romanzo noioso, pomposo e altisonante. Invece sono stata catapultata nell'Italia, soprattutto nella Sicilia, del periodo del tramonto borbonico; in questa famiglia nobile capeggiata dal Pater familias don Fabrizio. Uomo possente nel corpo e nello spirito. E sono stata affascinata da Tancredi, nipote di Fabrizio, e dalla sua storia d'amore con Angelica, la figlia del sindaco della città.

Essi offrivano lo spettacolo più patetico di ogni altro, quello di due giovanissimi innamorati che ballano insieme, ciechi ai difetti reciproci, sordi agli ammonimenti del destino, illusi che tutto il cammino della vita sarà liscio come il pavimento del salone, attori ignari cui un regista fa recitare la parte di Giulietta e di Romeo nascondendo la cripta e il veleno, di già previsti nel copione. Nè l'uno nè l'altra erano buoni, ciascuno pieno di calcoli, gonfio di mire segrete; ma entrambi erano cari e commoventi mentre le loro limpide ma ingenue ambizioni erano obliterate dalle parole di giocosa tenerezza che lui mormorava all'orecchio, dal profumo dei capelli di lei, dalla reciproca stretta di quei loro corpi destinati a morire. [...] Don Fabrizio sentì spetrarsi il cuore: il suo disgusto cedeva il corpo alla compassione per questi effimeri esseri che cercavano di godere dell'esiguo raggio di luce accordato loro fra le tenebre prima della culla, dopo gli ultimi strattoni. Come era possibile infierire contro chi, se ne è sicuri, dovrà morire? voleva dire esser vili come le pescivendole che settant'anni fa oltraggiavano i condannati nella piazza del mercato. Anche le scimmiette sui poufs, anche i vecchi babbei suoi amici erano miserevoli, insalvabili e cari come il bestiame che la notte mugola per le vie della città, condotto al macello; all'orecchio di ciascuno di essi sarebbe giunto un giorno lo scampanellio che aveva udito tre ore fa dietro S. Domenico. Non era lecito odiare altro che l'eternità. [p. 222] 

Giuseppe Tomasi di Lampedusa compose soltanto questo romanzo, che modificò più volte, e purtroppo non ha mai potuto vedere la sua opera pubblicata perchè, dopo essere stata rifiutata più volte da case editrici molto importanti, fu pubblicata postuma da Feltrinelli, per la prima volta nel 1958. Se avesse fatto parte del corpus di quelle due case editrici mi sarei amaramente pentita di non aver dato a questo scrittore la soddisfazione di tenere tra le mani l'opera tanto pensata e tanto amata. Purtroppo è andata così, ma noi, oggi abbiamo la fortuna di poter leggere queste pagine che tra le altre cose hanno decretato, insieme al Metello di Pratolini, la fine del Movimento neo avanguardista, di cui anche Moravia aveva fatto parte.

La parte più toccante è la settima, che inizia a pagina 234 a termina a pagina 246. E' un breve capitolo ma tremendamente intenso e straziante, in questa pagina, infatti, viene descritta la morte di un Fabrizio ormai settantatreenne ma la cosa più inquietante è che l'attesa della morte viene descritta dal punto di vista del capo famiglia attraverso parole dettate da una lucida consapevolezza del proprio destino e del termine della vita alla quale era tanto legato. In queste pagine non ho potuto che collegare l'esperienza di fabrizio a quella dell'autore che, dopo aver scoperto di essere malato di cancro ai polmoni nell'Aprile del 1957 e aver intrapreso un viaggio della speranza per Roma vi morirà il 23 Luglio dello stesso anno. "E' il testo adirato di un uomo sicuro di morire".

Mi è piaciuto tantissimo, è stata un'esperienza da ripetere!

Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi (p. 50)


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