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Nevicava sangue - Eraldo Baldini


Un giorno come un altro mi trovo a sfogliate un pieghevole della inMondadori. Quando passo davanti alla mia libreria preferita, mi ricordo sempre di prendere uno di quei pieghevoli accatastati in basso, sotto il bancone della cassa. Mi piace portarli a casa e sfogliarli; mi piace guardare le nuove uscite e mi piace ritagliare le foto dei libri che per un motivo o per un altro mi colpiscono.
In un giorno come un altro mi trovo a sfogliare proprio uno di quei pieghevoli e subito la mia attenzione è subito catturata da questa copertina (sì, sono materialista e venale, non leggo la trama, mi faccio affascinare dal contenitore). E' ipnotica. La fisserei per ore e ore e non mi stancherei, non è tremendamente evocativa? Guardandola ho immaginato almeno una decina di storie; ho fantasticato su quale potesse essere il contenuto, quale potesse essere il mondo contenuto da quella copertina.
Nel giorno "che tutte le feste si porta via" ho ricevuto, tra le altre cose, questo libro ed è stato come rivedere una persona cara, una di quelle che non vedi spesso, ma che quando si palesano di fronte ai tuoi occhi ti scaldano il cuore e non vedi l'ora di parlare e di interagire e di scoprire cosa è successo, cosa hanno fatto e cosa hanno detto in tutto questo tempo. La curiosità era tanta e non ho resistito. L'ho iniziato e dopo un soffio era già concluso. Un libro terribile; scritto bene; un libro che ti tiene incollato alle pagine ché non vorresti finisse mai.
Ma procediamo con ordine:

C'è odore di temporale. Da ponente arrivano folate prepotenti d'aria quasi fredda, che fa rabbrividire l'erba in un fremito nervoso. E quando qui arriva il vento, non c'è ostacolo che possa fermarlo o rallentarlo. Può correre libero e veloce perché ci sono ampie praterie, spazi aperti in cui l'occhio si perde fino a orizzonti che sembrano disegnati da un unico tratto di penna. Gli alberi, come se una bufera potente e inusitata le avesse spinti via dalla campagna, ammassandoli lontano tutti insieme, sono fitti e innumerevoli solo dove, a levante, si staglia la fascia scura di un bosco che pare non avere fine. Nuvole compatte e nere, dalla porta del maltempo che ogni tanto si apre anche nei giorni d'estate e fa irrompere una sfuriata che lascia attoniti e illividiti i campi, i pascoli e le paludi, avanzano accompagnate da un borbottare di tuoni bassi e lunghi. Poi per magia, all'improvviso come si erano annunciati, i bastioni di tempesta si sfaldano come se avessero impattato su qualcosa di invisibile. O come se non avessero più voglia di fare il loro lavoro, anch'essi impigriti dall'afa di agosto che fino a poco prima regnava sovrana, dal ronzare delle mosche, dall'inerzia immobile di quelle distese abbagliate di luce. [Pagina 1

Questa storia inizia il 20 Agosto del 1811 ed è la storia di Francesco Mambelli. Ha ventisei anni, una figlia, che Ha sei anni, Lucia, e assomiglia sempre di più a sua madre. Gli stessi capelli chiari, gli stessi occhi grigi, lo stesso mento grazioso e appuntito. Francesco si ferma a guardarla, cercando nei suoi lineamenti, come fa ogni tanto, quelli della moglie morta nel darla alla luce. Gli pare l'unica maniera per non dimenticare quel viso che non può più vedere.  Con loro vive la madre di Francesco, la nonna di Lucia, Anna. La donna, i capelli brizzolati raccolti in una crocchia [...] non parla mai molto. Parla con gli occhi, questo sì, vivi e azzurri, in contrasto con le vesti e il grembiule scuri che indossa sempre

Nevicava sangue di Eraldo Baldini, 249 pagine,
codice ISBN 9788806214661
Questa famiglia vive in una casupola inserita in un arcipelago di povere capanne raccolte accanto agli edifici maggiori e più importanti, i grandi stabbiali con un lato aperto su recinti e pascoli dove si allevano bovini e cavalli, e la cascina che contiene sia il fienile che gli attrezzi. Siamo in una zona rurale a Nord di Ravenna; Francesco si occupa delle mandrie, ma i cavalli sono la sua passione:
Francesco è contento di quell'incarico ed è bravo con i cavalli. Ci lavora da quando è nato, li conosce, li capisce. E gli piacciono. Nella fattoria ce ne sono a decine, di provenienza, manti e caratteri differenti. Perché ognuno di quegli animali ha un'indole particolare ed è diverso dall'altro. Chi li vedesse tutti insieme, se inesperto, forse non li distinguerebbe, ma lui ne conosce la razza, la storia, i bisogni, le fisime, le debolezze e le forze.
La vita è difficile per gli abitanti di questo arcipelago di casupole; il lavoro è duro e sfiancante; la sera si torna a casa a riposare e all'alba sono tutti già svegli e tutti indirizzati verso le proprie mansioni.

Un giorno, però, questo equilibrio apparente si spezza. Sono stati rubati tre cavalli e Francesco parte alla ricerca dei tre animali, sicuramente saranno stati rubati dai banditi, non c'è un minuto da perdere. Entra nel bosco al galoppo e, a causa della fretta, il cavallo che sta montando inciampa rompendosi una zampa. I briganti hanno sentito il rumore degli zoccoli, raggiungono Francesco e lo aiutano a sopprimere la povera bestia sofferente. Francesco viene bendato e scortato da questi malviventi non si sa dove. Quando riapre gli occhi, si ritrova in un campo nomade, circondato da bambini sudici e maleodoranti. Insieme ai briganti c'è un volto amico e conosciuto: suo cugino, che non vedeva da tanto tempo e che prova a convincerlo, gli chiede di restare. Francesco scopre che i briganti e il padrone, dunque il proprietario dei cavalli rubati, sono d'accordo. Questa notizia lo spiazza e lo sconvolge: oltre a dover giustificare la perdita di un cavallo ora deve anche mantenere questo enorme segreto.

Quando torna a casa e sembra tutto tranquillo. Passano i giorni e, anche se il padrone, il signor Morri, ha scoperto che Francesco ha perso un cavallo, non si è ancora presentato; non ha mandato nessuno a chiamarlo e non gli ha inflitto alcuna punizione.
E' questione di un attimo.
Monta sul calesse, il padrone dà  di redini e il cavallo riprende ad avanzare sul viottolo fino ad arrivare alla boaria. Invece di fermarsi nell'aia, Morri lo manda oltre, dietro i pagliai. Lì si ferma, prende tempo guardandosi intorno e sospira: - A mio figlio Giovanni è arrivata la chiamata alle armi. [...] L'avevano già chiamato l'anno scorso, - continua Morri, - ma si era rotto il braccio pochi mesi prima, e con qualche certificato siamo riusciti a scamparla. Ma adesso hanno stretto i buchi da cui sfugge, e neppure io posso riuscirci. Per cui dovrebbe partire. [...] Non voglio farla lunga, - dice il padrone accendendosi un sigaro. - Tu sai che un coscritto può farsi sostituire, vero?
-Sì...no. Per la verità non lo so, è una cosa che non mi ha mai riguardato. Quand'era viva mia moglie non richiamavano gli sposati, e adesso sono padre vedovo, quindi esentato.
-Già. Però, se vuoi, puoi andare.
-E perché dovrei?
-Per fare un favore, un grosso favore a me e a Giovanni. Andare al posto suo. Ci penserei io a preparare tutti i documenti del caso. [...] Saprei ricompensarti bene. Al tuo ritorno riavresti il posto di lavoro con i cavalli. Anzi, ti farei capo mandriano. E ti darei anche del denaro, più di quanto tu ne abbia mai avuto.
Francesco è costretto a lasciare sua madre e sua figlia. Deve arruolarsi per colpa del padron Morri che lo ricatta e lo minaccia di cacciarlo da casa sua.
Da questo momento in poi la guerra, la Russia, il freddo, la lotta continua per la sopravvivenza e, ahimè, la morte saranno onnipresenti. Ogni tanto farà la sua comparsa di fronte alle truppe lo stesso Napoleone in persona. Ma a Francesco tutto questo non interessa. Lui pensa solo a Lucia e a sua madre. Il compagno di quest'avventura lunga un anno e mezzo sarà Berto, un cavallo dell'esercito con il compito di trasportare cannoni e munizioni.

Francesco affronterà numerosissime difficoltà, la guerra è terribile, ma ciò che c'è di peggio ancora sono le condizioni in cui sono costretti a vivere i soldati. Uomini che arriveranno al punto di uccidersi pur di non soffrire gli stenti della fame; pur di non morire assiderati nella neve, lontani dalle persone che amano. Uomini che arriveranno al punto di uccidere i propri cavalli pur di riempirsi lo stomaco e scaldarsi le ossa. Ma Berto e Francesco combatteranno fianco a fianco e vinceranno la guerra.

Ma non finisce qui, c'è un'ultima missione da portare a termine, la più importante: Berto e Francesco devono tornare a casa, in Italia, a Ravenna.

Un libro scritto davvero benissimo. Una scrittura limpida, essenziale, asciutta e semplice come quella dei grandi maestri della narrativa americana. Erano anni che non leggevo un libro di un autore italiano scritto così bene. Baldini è un poeta delle descrizioni. Pensate che per la sua narrativa è stato coniato dalla critica il termine "gotico rurale" ad indicare un nuovo genere narrativo peculiare, che lo contraddistingue.  Un genere che mi ha coinvolto molto e con il quale ho stabilito un rapporto empatico. Non ci crederete mai, ma appena ho terminato il libro mi è venuta voglia di ricominciarlo subito. Questo romanzo è da regalare a quelle persone care alle quali si vuole davvero bene. Un libro breve ma intenso, capace di donare sensazioni terribili e straordinarie allo stesso tempo.

Francesco è uno dei personaggi più completi e meglio caratterizzati, dal punto di vista psicologico e interiore, che ho conosciuto quest'anno. Gli ho voluto bene e mi sono affezionata a lui dalla prima pagina. Mi è piaciuta la sua bontà d'animo, è un personaggio pacifico, ma soprattutto è di pochissime parole. Francesco pensa molto, ma non parla tanto... eppure quando parla esprime essenzialmente la verità. È un uomo schietto ma è soprattutto un uomo buono. Ed essere buoni, ogni tanto, paga.
Un romanzo consigliato con il cuore. Leggetelo, non ve ne pentirete.
A presto.


PS: chissà cosa avrà provato Eraldo Baldini quando gli hanno comunicato che grazie ai suoi romanzi e alla sua prosa è nato un nuovo genere letterario. Sarà stato un grande onore essere l'iniziatore del genere gotico rurale... tra qualche anno studieranno i suoi libri, la sua biografia e la sua poetica nelle scuole e nelle università. Wow!

PPS: [SPOILER] E' stato bellissimo leggere questo libro anche per la riflessione che Francesco fa a proposito del mare. Io capisco Francesco. Abito a due passi dal mare e quando mi allontano per tanto tempo e poi torno, respirare l'aria salmastra mi riporta in vita. Francesco l'ha capito, gli ci è voluta una guerra e un viaggio lungo un anno e mezzo, ma quando torna a casa capisce che il mare per lui è casa. Doppio wow!

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