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La caduta - Albert Camus


Inizia una nuova sfida!
Dopo essermi laureata in Lettere moderne lo scorso aprile, sono finalmente pronta per approfondire gli studi. Qualche settimana prima di laurearmi, giuro, mi ero imposta di trascorrere i successivi sei mesi leggendo, scrivendo e facendo la bella vita. Volevo assaporare tutta la libertà che per anni interi avevo agognato, giorno dopo giorno. Volevo godermi l'agenda vuota e senza impegni, volevo svegliarmi la mattina e fare ciò che mi andava di fare. Vi assicuro che per un periodo è stato così, un periodo piuttosto breve, ma c'è stato! Ho guardato centinaia di film; ho letto quanti più libri ho potuto; ho iniziato e completato due serie televisive; sono uscita; ho fatto shopping; mi sono divertita...ed era ancora giugno. Soltanto giugno. GIUGNO!

"L'ho capito molto presto. Un tempo, non avevo sulle labbra che libertà. Per colazione la spalmavo sui crostini, tutto il giorno la masticavo, portavo fra la gente un alito deliziosamente fresco e profumato di libertà. Assestavo questa parola maiuscola a chiunque mi contraddiceva, l'avevo messa a servizio dei miei desideri e della mia potenza. A letto, la mormoravo all'orecchio addormentato delle mie compagne e mi aiutava a piantarle. La insinuavo...Via, mi eccito e perdo misura. In fin dei conti, m'è capitato di fare un uso disinteressato della libertà, pensi come ero ingenuo, un paio di volte l'ho anche difesa: certo non mi sono spinto fino a morire per essa, ma ho pur corso qualche rischio. Bisogna perdonarmi quelle impudenze, non sapevo quel che facevo. Non sapevo che la libertà non è una ricompensa, né una decorazione che si festeggi con lo spumante; e neppure un regalo, una scatola di leccornie. Oh! no, anzi è un lavoro ingrato, una corsa di resistenza molto solitaria, molto estenuante. Niente spumante, niente amici che levano il bicchiere guardandoti amorevolmente. Solo un'aula tetra, solo una pedana al cospetto dei giudici, e solo a decidere, di fronte a se stessi o al giudizio altrui. Alla fine di ogni atto di libertà, c'è una sentenza; per questo la libertà pesa troppo, specie quando si ha la febbre, o si è inquieti, o non si ama nessuno." [pagina 74]

Due mesi e mezzo di dolce far niente e poi? Poi la Martina che per un attimo avevo sperato di accantonare è emersa e sbracciando e sgomitando si è fatta largo nella mia mente e mi ha rimproverato. Perché la verità, amici, è questa: non riesco proprio a stare con le mani in mano. Camus ne "La caduta" dice che quando le persone si annoiano cercano in tutti i modi di complicarsi la vita e forse mentre scrive pensa a me. Tutta questa libertà mi stava stretta. Sono una ragazza troppo organizzata, non riesco a concedermi il lusso di non avere impegni! Così ho fatto molti colloqui di lavoro, ho cercato corsi specialistici, corsi pratici, corsi di qualsiasi genere e finalmente ho trovato un master estivo molto interessante. Ho sostenuto l'esame e l'ho superato rientrando nella rosa dei 13 fortunati possibili partecipanti. Ho vinto anche una borsa di studio, che non fa mai male. Ma non finisce qui! Ho contattato tutti i professori delle materie del primo semestre della specialistica e mi sono fatta inviare i programmi completi. Ho anche iniziato a studiare! Cosa ci posso fare?Mi piace avere degli impegni, mi piace dover rispettare delle scadenze, purtroppo o per fortuna sono fatta così.

E dunque veniamo a noi. Nel programma di uno dei quattro esami che dovrò sostenere a Gennaio sono presenti due libri di Albert Camus e stamattina mi sono svegliata abbastanza presto per poterne leggere uno. Ho scelto di iniziare da "La caduta".

TRAMA: Clamence, un brillante avvocato parigino, abbandona improvvisamente la sua carriera e sceglie come quartier generale un locale d'infimo ordine, il Mexico-City, ad Amsterdam. Presa coscienza dell'insincerità e della doppiezza che caratterizza la sua vita, Clamence decide di redimersi confessando e incitando (per sincerità, per virtù, per il gusto della dialettica) gli occasionali avventori della taverna portuale a confessare la loro "cattiva coscienza". Ma non bisogna lasciarsi ingannare: Clamence non si redime. L'eroe di Camus secondo le sue stesse parole "percorre una carriera di falso profeta che grida nel deserto e rifiuta di uscirne."

Mi aspettavo una lettura diversa. Inizio subito con il dire che non mi ha entusiasmato, anzi, ho trovato che questo libro a tratti sia davvero noioso. Albert Camus crea una cornice straniante e si serve del monologo del protagonista affinché questa aurea di straniamento pervada l'intero libro. Ci sono dei momenti, dei pensieri e dei passi folgoranti, nonostante la vicenda nel suo complesso sia piuttosto statica e ripetitiva. Durante le ottantadue pagine, Clamence parla e parla e parla con un povero malcapitato al quale non viene riservata nemmeno una battuta all'interno della narrazione. Un dialogo a una voce, quasi un delirio o forse una confessione. Clamence confessa ad un ignoto sconosciuto cosa lo ha spinto a cambiare rotta nella sua vita. Inizia descrivendo se stesso, il suo vecchio lavoro di avvocato affermato e ricco per poi giungere alla caduta, l'evento tragico che gli ha spezzato la coscienza.

Ero felice di camminare, un po' intorpidito, fisicamente calmo, col corpo irrigato da un sangue lento come la pioggia che cadeva. Sul ponte passai dietro ad una forma china sul parapetto, sembrava che guardasse il fiume. Più da vicino, distinsi una giovane donna esile, vestita di nero. Fra i capelli scuri e il colletto del mantello, si vedeva soltanto una nuca, fresca e umida, a cui non fui insensibile. Ma, dopo un attimo di esitazione, continuai per la mia strada. In capo al ponte, presi il lungo Senna in direzione Saint-Michel, dove abitavo. Avevo già percorso una cinquantina di metri, quando sentii il tonfo che, malgrado la lontananza, mi parve tremendo nel silenzio notturno, di un corpo che cade in acqua. Quasi subito sentii un grido, ripetuto parecchie volte, che scendeva il fiume; poi si spense bruscamente. Il silenzio che seguì, nella notte tutt'a un tratto rappresa, mi parve interminabile. Volli correre, e non mi mossi. Tremavo, credo, per il freddo e per l'oppressione. Dicevo fra me che bisognava affrettarsi, e mi sentivo il corpo invaso da una debolezza irresistibile. Ho dimenticato che cosa pensassi. "Troppo tardi, troppo lontano..." o qualcosa di simile. Ascoltavo, sempre immobile. Poi, a piccoli passi, sotto la pioggia, mi allontanai. Non avvertii nessuno.
La morte di questa sconosciuta lo trascina in un vortice di ripensamenti. Ripensa alla sua vita; alla sua condotta; al modo con il quale ha stretto legami con le persone; alle occasioni che ha perso; alle donne che ha ferito. La morte gli apre gli occhi. Allora scappa, si trasferisce ad Amsterdam e diventa Giudice, diventa anche Papa e confessore. La febbre lo piega, la sofferenza e la solitudine lo pervadono. E continua a raccontare imperterrito le sue vicende al mite ascoltatore senza volto. Io, io, io, solo e soltanto Clamence figura nel monologo. Eppure non riesce a salvarsi, il protagonista è imprigionato in questo groviglio di vita e non riesce a trovare il bandolo della matassa.

"Fanciulla, gettati di nuovo in acqua perché io abbia una seconda volta la possibilità di salvare entrambi!" Una seconda volta, eh, che imprudenza! Supponga, caro avvocato, che ci prendiamo in parola? Bisognerebbe decidersi. Brr...! l'acqua è così fredda! Ma rassicuriamoci! Adesso è troppo tardi, e sarà sempre troppo tardi, per fortuna!
Clamence non riesce a liberarsi dal senso di colpa, a volte se ne dimentica e forse parlare e parlare con gli sconosciuti funge da unico scudo capace di schermarlo dai ricordi più torbidi e più duri da digerire. Ciò che manca a Clamence è la volontà di redimersi e l'incapacità di dare l'ennesima svolta alla propria vita.
Un romanzo scritto egregiamente, anche se non questa lettura non è stata in grado di convincermi fino in fondo. I temi trattati sono tra i più disparati, eppure, a tratti, il libro è in grado di annoiare il lettore (per lo meno con me c'è riuscito).
Spero che con "Lo straniero" andrà meglio e dato che il Professore venera tanto questo libro spero non sarà uno degli argomenti principali del mio futuro esame.

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