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LA STRADA - Cormac McCarthy

Inizio a scrivere questa recensione con un po' di nostalgia, lo ammetto.
Ho letto questo romanzo in un bellissimo pomeriggio, caldo e soleggiato, di agosto.
Ero sulla spiaggia di Portonovo, alla Capannina, distesa sul lettino e mi apprestavo a leggere questo libro, scelto dai ragazzi che mi seguono sulla pagina Facebook del blog (by the way, per chi se la fosse persa eccola qui!).

Stavo riscoprendo proprio in quei giorni la mia passione per lettura e scrittura, i libri accumulati in anni di inattività erano molti (e lo sono ancora) ma mi sto dando da fare per riprendere in mano questa attività, che mi insegna tanto ogni giorno e che mi regala quotidianamente piccole grandi soddisfazioni.

TRAMA: Un uomo e un bambino viaggiano attraverso un mondo ridotto in cenere in direzione dell'oceano, dove forse i raggi di un sole ormai livido cederanno un po' di tepore e qualche barlume di vita. Trascinano con sé tutto ciò che nel nuovo equilibrio delle cose ha ancora valore: un carrello del supermercato con quel po' di cibo che riescono a rimediare, un telo di plastica per ripararsi dalla pioggia gelida e una pistola con cui difendersi dalle bande di predoni che battono le strade, decisi a sopravvivere ad ogni costo.
Nell'insuperabile creazione di McCarthy, la post-apocalisse assume il volto realistico di un padre e un figlio in viaggio su un groviglio di strade senza origine, dentro una natura ridotta a involucro asciutto, fra le vestigia paurosamente riconoscibili di un mondo svuotato e inutile.

Un'ora dopo erano sulla strada. Lui spingeva il carrello e avevano entrambi uno zaino in spalla. Negli zaini c'erano le cose essenziali. Casomai avessero dovuto abbandonare il carrello e fuggire. Alla maniglia del carrello era attaccato un retrovisore da motocicletta cromato che l'uomo usava per tenere d'occhio la strada dietro di loro. Si risistemò lo zainetto sulle spalle e scrutò la terra devastata in lontananza. La strada era deserta. Sotto di loro, nella piccola valle, la serpentina grigia e quieta di un fiume. Precisa e immobile. Lungo la riva un ammasso di canne morte. Tutto bene?, chiese l'uomo. Il bambino annuì. Poi si incamminarono sull'asfalto in una luce di piombo, strusciando i piedi nella cenere, l'uno il mondo intero dell'altro. [p.9]
Loro sono una famiglia, distrutta, impolverata e ammaccata dalle cicatrici della disperazione. Un uomo e un bambino dei quali non scopriremo mai i nomi. Grazie ad alcuni flashback conosciamo dei piccolissimi frammenti del loro passato, quando erano una famiglia intera, prima della distruzione quasi totale. Insieme a questi due personaggi, che comunicano tra loro con brevi frasi in discorso indiretto libero, affrontiamo un viaggio on the road, verso il mare e la presunta salvezza. Questo viaggio è tutt'altro che avventuroso. Si tratta di una traversata spaventosa e ricca di insidie e di pericoli. L'uomo e il bambino camminano da giorni, affamati e assetati, e devono combattere ogni minuto per rimanere in vita.
Questo particolare è ciò che inquieta di più durante la lettura, perché sebbene sia difficile affezionarsi a due personaggi senza storia, senza volto e senza nome, che camminano barcollando e si esprimono in monosillabi, è senz'altro inevitabile lo sforzo di immaginazione che ci costringe ad immedesimarci in loro. E se domani ci svegliassimo e fossimo costretti a lasciare i nostri cari, la nostra casa e tutte le cose che ci accompagnano giorno dopo giorno? Non mi riferisco solo al rossetto, all'iPhone e alle scarpe con il tacco, se dovessimo rinunciare ad una doccia calda, al cibo e alla persona che amiamo, cosa succederebbe?
Vicino alla porta c'erano due distributori automatici di bibite che erano stati rovesciati a terra e aperti con un piede di porco. Monetine sparse nella cenere. L'uomo si sedette, passò la mano fra gli ingranaggi delle macchine sventrate e nella seconda riuscì ad afferrare un freddo cilindro di metallo. Ritirò lentamente la mano e si ritrovò a guardare una lattina di Coca-Cola. Papà, che cos'è? E' un regalo. Per te. Ma che cos'è? Vieni. Siediti. Gli tolse lo zaino dalle spalle e se lo sistemò accanto, sul pavimento, poi infilò il pollice sotto la linguetta di alluminio e aprì la lattina. Avvicinò il naso al leggero sfrigolio che ne usciva e la passò al bambino. Forza, bevi, disse. Il bambino prese la lattina. Fa le bollicine, disse. Forza. Guardò il padre, poi inclinò la lattina e bevve. Rimase lì a pensarci per un attimo. E' proprio buona, disse. Sì, infatti. Bevine un po' anche tu, papà. Voglio che la bevi tu. Solo un po'. L'uomo prese la lattina, bevve un sorso e gliela restituì. Bevila tu, disse. Stiamocene seduti qui per un po'. E' perché non ne potrò bere mai più, vero? Mai è un sacco di tempo. Ok, disse il bambino. [pp.18-19]
Non esistono più le piccole cose, i vezzi quotidiani che rendono le nostre vite sopportabili, come una Coca-Cola, il dentifricio e un bel sorriso. All'orizzonte la più grande e imponente distruzione che possiate immaginare, dal cielo di metallo piove in continuazione cenere che si deposita su ogni cosa e impolvera tutto ciò che tocca. 
Gente seduta sul marciapiede all'alba, mezzo immolata e con i vestiti fumanti. Come suicidi mancati in una setta. Altri venivano in loro aiuto. Nel giro di un anno c'erano roghi sulle creste dei monti e allucinate litanie nell'aria. Le urla degli assassinati. Di giorno i morti impalati lungo la strada. Che cosa avevano fatto? Arrivò a credere che nella storia del mondo forse c'era più castigo che delitto, ma non ne trasse nessun conforto. [p.26]
La disperazione più totale, in ogni angolo visibile a occhio nudo. La paura, gli stenti, la stanchezza, la fame, l'ansia, il buio e il freddo dominano ogni pagina.
L'uomo e il bambino, padre e figlio, si trovano quotidianamente faccia a faccia con la solitudine e con la paura di non riuscire a sopravvivere un altro giorno. Non sono rimaste molte persone nei paraggi e quelle poche che ci sono non sono affatto amichevoli:
Avanzavano strusciando i piedi nella cenere e dondolando con le teste incappucciate. Alcuni portavano maschere antigas. Uno aveva una tuta antiradiazioni. Macchiata e lurida. Camminavano ingobbiti con delle mazze in mano, dei pezzi di tubo. Tossivano. Poi sulla strada dietro di loro si sentì quello che sembrava un camioncino diesel. Presto, bisbigliò. Presto. Si infilò la pistola alla cintura, afferrò la mano del bambino e trascinò il carrello in mezzo agli alberi, lasciandolo coricato in un punto dove non era facile vederlo. Il bambino era impietrito dalla paura. Lo strinse a sé. Stai tranquillo, disse. Adesso dobbiamo scappare. Non ti voltare. Andiamo. [p.47]
E qui emerge uno dei temi più importante del romanzo: la morte.
Il pensiero della morte sibila nell'orecchio del lettore durante l'intero romanzo. E' un pensiero fisso, badate bene, che non lascia scampo e che ci rende apprensivi nei confronti dei due personaggi. Ovviamente ci troviamo a fare il tifo per loro, a sperare che questo benedetto mare che vanno cercando da chissà quanto si faccia notare presto all'orizzonte, ma ogni scena è pervasa da questo sibilo che ci distrae e che ci preoccupa terribilmente.
Mi ascolti? Lo sai come si fa. Te la metti in bocca e la punti in su. [...] ce la farai? Quando sarà il momento? Quando sarà il momento non ci sarà tempo. E' questo il momento. Bestemmia Dio e muori. E se si inceppa? Non può incepparsi. Ma se si inceppa? Saresti capace di fracassare quel cranio adorato con un sasso? C'è un essere simile, dentro di te? Di cui tu non sai nulla? Ci può essere? Tienilo stretto. Ecco, così. L'anima è un soffio. Abbraccialo. Bacialo. Svelto. [pp.87-88]
Quanta disperazione serve per spingere un padre a ribadire più volte questo concetto?
Viaggiano accompagnati da zaini riempiti con l'essenziale; un carrello nel quale ammassano oggetti per poter sopravvivere alle intemperie e una pistola con due colpi. Potrebbero togliersi la vita da un momento all'altro, toccato il picco massimo di scoramento "Forse crede in Dio. Non so in che cosa crede. Gli passerà." arriva a pensare, ma la depressione rimane sempre in equilibrio precario e sopravvivono, e resistono, notte e giorno, proseguono. Perché se c'è un insegnamento da prendere da queste pagine è senza dubbio il fatto che la speranza può più di ogni cosa. 
A volte, mentre guardava il bambino dormire, gli capitava di scoppiare in un pianto incontrollabile, ma non era il pensiero della morte. Non sapeva bene cosa fosse però gli sembrava che avesse a che fare con la bellezza o la bontà. Cose a cui non aveva più avuto modo di pensare. [p.99] 
Affronteranno insieme numerose battaglie che non posso raccontare perché sarebbe un sacrificio troppo grande per chi volesse godersi la lettura e un'ingiustizia verso il racconto. A tanta angoscia, a tanto sconforto, a tanta costernazione, si alternano brevissimi momenti di respiro, ma sono boccate d'aria brevi alle quali è meglio non abituarsi.
Già allora tutte le riserve di cibo erano esaurite, e la terra era sconvolta dai massacri. In breve tempo il mondo sarebbe stato popolato da gente pronta a mangiarti i figli sotto gli occhi, e le città dominate da manipoli di predoni anneriti che scavavano gallerie in  mezzo alle rovine e strisciavano fuori dalle macerie in un biancheggiare di occhi e denti, reggendo reti di nylon piene di scatolame bruciacchiato, come avventori negli spacci dell'inferno. [p.138] 
E poi riescono a raggiungere il mare, ma non è come lo avevano immaginato. Anche qui il colore predominante è il grigio, c'è ancora cenere e non c'è traccia di persone buone o di salvezza alcuna
Laggiù c'era la spiaggia grigia con le onde lente che si infrangevano pigre e plumbee, e il loro suono distante. Come la desolazione di un qualche mare alieno che bagnava le coste di un mondo sconosciuto. Più a largo, sulle secche create dalla marea, una nave cisterna arenata. Ancona oltre, l'oceano vasto e freddo, che si muoveva pesante come le scorie di fusione dentro una vasca sollevata lentamente. E infine la linea di groppo grigia di cenere. L'uomo guardò il bambino. La sua faccia tradiva la delusione. Mi dispiace che non sia blu, disse. Non fa niente, disse il bambino. [p.164]
Il libro termina più avanti, in modo apparentemente tragico, perché -in realtà- l'autore ci lascia il sapore di una speranza. Nonostante tutto, tenendo duro, combattendo con le unghie e con i denti per sopravvivere, se siamo persone corrette, se portiamo con noi tutto l'amore di cui disponiamo possiamo avere qualche speranza. Farcela non è possibile per tutti, ma la possibilità di non farcela non ci deve snaturare.

Cosa aggiungere? Senz'altro "La strada" è un libro breve che procede spedito dalla prima all'ultima pagina. Il ritmo narrativo è ben sostenuto, la prosa è scarna e minimale, l'autore crea una struttura costituita da brevi flash, brevissimi paragrafi, che non annoiano l'occhio del lettore e anzi, date le vicissitudini, invogliano a voltare le pagine fino alla conclusione, senza intervalli.
Sicuramente non è una lettura semplice. Tra le pagine prodotte dal bravo Cormac c'è un carico emotivo difficile da sostenere. Ecco, chi cerca una lettura rilassante per svagarsi qualche ora, magari potrebbe lasciare questo libro sul comodino e portarsi in spiaggia qualcosa di meno sconvolgente. Perché qui, amici, è un pugno nello stomaco continuo, che preme costantemente e che fa spezzare il fiato. A volte mi dovevo fermare e respirare, perché emotivamente è una tragedia per persone sensibili come lo sono io. E' una lettura gravosa perché turba nel profondo e fa emergere mille paure e preoccupazioni. Perché è vero che si tratta di un mondo post-apocalittico, ma è vero anche che l'autore non ci dice come si è arrivati a tanto.

Però c'è un però. Non è un libro perfetto. E' un libro pensato bene per essere una sceneggiatura, non un vero e proprio romanzo. Non c'è introspezione da parte dei personaggi che intraprendono questo disperato viaggio verso la salvezza; le descrizioni sono piuttosto misere, ma McCarthy riesce a trasferire delle sensazioni ben precise (cenere, sempre cenere, puzza di bruciato che trasuda dalle pagine, polvere, nebbia, freddo, grigiore, sporcizia, ansia e disperazione sono ovunque) e l'ambientazione è ben definita (non scherzo quando dico che la parola strada viene ripetuta quasi 200 volte in 218 pagine), però manca di profondità. Lo vedo bene trasposto cinematograficamente, non serve nessuno sforzo per immaginare come sarebbe il film e sono sicura che il film che ne è stato tratto sarà considerato da molti un capolavoro. Ma per quanto concerne il racconto, avrei voluto sapere di più. Avrei voluto conoscere meglio i due personaggi.
Nonostante questo, lettura forte e consigliata.
Se lo avete letto e volete aggiungere qualcosa alle mie parole, lasciate un commento!

Informazioni aggiuntive:
Titolo: La strada
Autore: Cormac McCarthy
Codice ISBN: 9788806219369
Prezzo di copertina: 12.00€
Pagine: 218
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